Il concerto di Antonio a Cavalese è stata l'occasione per visitare una delle Gallerie d'arte moderna più interessanti al mondo, il MART di Rovereto: http://www.mart.trento.it/
Colpisce subito la struttura architettonica di Mario Botta, architetto svizzero celebre in tutto il mondo. Una cupola di vetro che crea un ideale collegamento continuo con l'esterno. Acquistiamo i biglietti nella spettacolare entrata e prendiamo le audioguide che sono d'obbligo per godersi al meglio la visita, soprattutto per i bambini.
INGRESSO: 11 EURO ADULTI; GRATIS BAMBINI
AUDIOGUIDE (KID con caccia al tesoro) e adulti: 3 euro. Consigliate!
Si comincia con tre sale "rosse" che ci portano nell'arte immediatamente precedente a quella esposta nel museo: siamo nel tardo 1800 con artisti come Francesco Hayez e questo suo capolavoro:
Entriamo nel vivo con le sculture in cera di Medardo Rosso:
e con questo "Nudo di Spalle" di Umberto Boccioni: la donna rappresentata in "Nudo di spalle", con la schiena scoperta, è
la madre dall’artista calabrese. La luce sembra frammentata in mille
bagliori che sulle pelle della donna sono resi attraverso infiniti
filamenti di colore puro, accostati l’uno all’altro in linea con la
tecnica pittorica divisionista di Balla, Maestro dell'artista.
Giacomo viene guidato dalle sue cuffiette, che gli propongono una sorta di "caccia al tesoro" e tocca questa opera tattile, che altro non è che una riproduzione in 3D del successivo capolavoro: "Le figlie di Lot" di Carlo Carrà: un importante passaggio dalla Metafisica al Realismo Magico degli anni Venti del Novecento. Due giovani donne si confrontano di fronte alla facciata di una casa. La
ragazza di sinistra è in piedi sulla soglia mentre l’altra a destra è
inginocchiata. A terra è poggiato un bastone da viaggio appartenente
alla giovane. Tra di loro un cane corre ad accogliere la ragazza. La
scena si svolge su di un lastricato sul quale a destra si erge una base
classica. Oltre il cortile si sviluppa poi un paesaggio scarno con due
colline pietrose. Dietro ad una di esse si intravede una rotonda.
Le figlie di Loth di cita un
episodio biblico (Genesi 13,10). Loth era nipote di Abramo e figlio di
Haran. La famiglia di Loth stabilita a Sodoma fugge in seguito alla
furia divina che distrugge la loro città. La moglie durante la fuga si
voltò e fu trasformata in una statua di sale. Sopravvissero le figlie e
il padre. Per far fronte alla necessità di riprodursi le figlie
ubriacano il padre per potersi congiungere con lui. Da questi atti
incestuosi nacquero i figli Moab e Ammon, capostipiti dei Moabiti e
degli Ammoniti.
Altro dipinto di Carlo Carrà, questo carro che trasmette immobilismo. Un qualcosa di sospeso.
In questo "Autoritratto con la madre" possiamo ammirare Giorgio De Chirico, che avevamo già incontrato alla Magnani Rocca a Parma pochi mesi fa: DE CHIRICO Parma
Più metafisici questi altr suoi lavori,"La matinèe angoissante", "Mobili nella valle" che fa parte della serie di "Mobili nella valle" dell'artista. Un incontro
casuale ha ispirato questa serie di otto dipinti, ognuno dei quali
giustappone oggetti quotidiani e banali in un paesaggio arido, popolato
da misteriose allusioni all'antichità. Questo concetto di presentare
oggetti quotidiani fuori dal loro contesto abituale si rivelerà poi
cruciale nello sviluppo del Surrealismo.
Giorgio era nato in Grecia a Volos nel 1888 da genitori italiani e nel
1899 la famiglia si era trasferita ad Atene dove il ragazzo studiava
disegno e pittura in un clima culturale legato alla memoria degli
splendori della classicità.
Capolavoro indiscusso questo "Beethoven" di Felice Casorati che si avvicina alle opere del Realismo Magico. Nel dipinto è raffigurata una bambina in piedi al centro dell’opera. La piccola
indossa un abito bianco che lascia scoperte le spalle e le braccia.
Sulle gambe porta lunghe calze bianche e ai piedi scarpette nere
eleganti. I capelli sono pettinati in modo molto ordinato e divisi da
una scriminatura. A sinistra, accanto a lei, su di uno sgabello in
paglia è posto uno spartito sul quale è scritto il nome del musicista
Beethoven. Sullo specchio, dipinto al centro, si riflette l’immagine
della protagonista. A destra si scorge la figura di un piccolo cane
bianco con macchie nere. Sul fondo, al di là dello specchio si intravede
una chitarra appoggiata.
Il riflesso della bambina crea un rimando spaziale che rende il dipinto
irreale. La scena domestica acquista, così, mistero e viene proiettata
in una dimensione straniante. Questa sensazione è, inoltre, sottolineata
dal punto di vista che determina una fuga molto alta del pavimento.
Infine, la chitarra è separata, al centro, di netto dal bordo dello
specchio.
Rimanda all'arte Etrusca questo "I costruttori" di M. Campigli: "Non sono in buoni rapporti con la mia pittura. Non voglio dire
quell’incontentabilità che è frequente tra gli artisti. Almeno fra
quelli come si deve. Voglio dire che conosco dell’opera mia soprattutto i
difetti. E ne soffro. Mi è difficile farmi
ubbidire dalla mia pittura, non posso influenzarla che a poco a poco. E
quando devo ammettere che un quadro riesce bene, resto con
l’impressione che non sia merito mio. […] Quando cominciai a dipingere nel 1920 mi entusiasmai anch’io per la
pittura estrema del momento. Il cubismo era allora nella sua fase
costruttiva, nel periodo che chiamano “cristallo”. Chi scriveva d’arte
ripeteva la fiera frase di Apollinaire: “Siamo i primitivi di una nuova
sensibilità”. Mi credevo, ci credevamo tutti, sulla soglia di una nuova
civiltà, d’una nuova era. Da giovani, quando non si ha un gran motivo di
credere in se stessi, si ha la smania di militare per qualche cosa più
grande di noi. Non manca mai l’impressione di doversi salvare da una
“selva oscura” e di avere ormai toccato il fondo di ogni perversità. Nel
cubismo vidi qualche cosa in cui credere, una terraferma. Il cubismo si
vantava di rivelare e seguire regole d’arte eterne, indiscutibili,
scientifiche, intellettuali e fisiche, si appellava agli egizi, ai
classici, agli ordinamenti del Rinascimento. (Che rivelazione per me
dopo lo sciocchezzaio futurista!). Ecco qualche cosa più grande di me a
cui donarmi. […]" (da Scrupoli, di Campigli)
Mentre torna la classicità in questo quadro di Alberto Savinio, fratello di De Chirico: “Nei libri e nei quadri di Alberto Savinio e, in
misura inversa, in quelli di suo fratello Giorgio de Chirico si
moltiplicano partenze e arrivi, abbandoni e ritorni, stazioni e porti,
treni e navi (…) attributi tutti di una funzione più generale,
l’archetipo espressivo del viaggio, all’interno della quale, in
particolare nell’universo saviniano, un posto privilegiato spetta di
diritto al mito degli Argonauti”
(Vanni Bramanti, in “L’Argonauta seduto”, p. 33. Il luogo rappresentato nell’opera qui proposta, ad esempio, è un chiaro rimando all’Introduzione dell’ “Hermaphrodito”, leggiamo infatti: “... Dirimpetto alla sponda imbiancata di case, corre una catena di colline basse infino al promontorio che segna la punta maggiore dominante l'aperto, dalla cui cima s'innalzano, con delle figure di pietre imploranti, i ruderi d'un castelletto veneto, simili a un fantasma solido sorgente dal cratere d'un vulcano.” Introduzione, p. XXII.
(Vanni Bramanti, in “L’Argonauta seduto”, p. 33. Il luogo rappresentato nell’opera qui proposta, ad esempio, è un chiaro rimando all’Introduzione dell’ “Hermaphrodito”, leggiamo infatti: “... Dirimpetto alla sponda imbiancata di case, corre una catena di colline basse infino al promontorio che segna la punta maggiore dominante l'aperto, dalla cui cima s'innalzano, con delle figure di pietre imploranti, i ruderi d'un castelletto veneto, simili a un fantasma solido sorgente dal cratere d'un vulcano.” Introduzione, p. XXII.
"La pittura murale è pittura sociale pe eccellenza", scrive Mario Sironi nel Manifesto della Pittura Murale del 1933, testo che esprime le sue idee di arte militante, socialmente e politicamente impegnata. Questo è "Condottiero a cavallo":
Nel dipinto di Carlo Carrà, "Ciò che mi ha detto il tram", l'artista pone al centro tipici temi dell'Avanguardia Futurista: la città, i mezzi di trasporto, la velocità, il movimento, la folla...
Mentre in "Ritmo plastico del 14 luglio" di Gino Severini, è, con cornice dipinta dall’artista, una delle più note ed
esposte del periodo futurista del pittore che la considerava fra le sue
più riuscite. Venne eseguita a Parigi nel 1913, poco prima delle nozze con Jeanne
Fort, la giovanissima figlia del “Principe dei Poeti” Paul Fort, e del
conseguente rientro in Italia.
Il “14 luglio” al quale il titolo rimanda non rinvia tanto alla data celebrativa quanto al nome di un celebre caffè parigino (del resto segnalato dalla grande scritta in basso a sinistra), anche se non è escluso un ammiccamento ai temi libertari e laici della rivoluzione francese in un artista che, nel suo periodo prefuturista, si era distinto per la sua adesione alle correnti del socialismo umanitario.
Il tema dell’opera dunque è la evocazione della vita dinamica e febbrile che anima un caffè parigino ricco di luci e colori, in pieno accordo con la celebrazione del dinamismo urbano proclamata dai manifesti futuristi e con la particolare attenzione alle tematiche “unanimiste” proposte dalla poesia di Jules Romains che Severini aveva trasferito in pittura nelle sue prime opere.
Il caffè, così come il boulevard, il tabarin, l’autobus o il metro, temi tutti al centro dei quadri futuristi di Severini , sono visti dal poeta simbolista francese come luoghi privilegiati degli “unanimi”, nei quali l’Io individuale giunge a percepire la sua essenza in intima comunione con la dimensione della vita collettiva.
Il “14 luglio” al quale il titolo rimanda non rinvia tanto alla data celebrativa quanto al nome di un celebre caffè parigino (del resto segnalato dalla grande scritta in basso a sinistra), anche se non è escluso un ammiccamento ai temi libertari e laici della rivoluzione francese in un artista che, nel suo periodo prefuturista, si era distinto per la sua adesione alle correnti del socialismo umanitario.
Il tema dell’opera dunque è la evocazione della vita dinamica e febbrile che anima un caffè parigino ricco di luci e colori, in pieno accordo con la celebrazione del dinamismo urbano proclamata dai manifesti futuristi e con la particolare attenzione alle tematiche “unanimiste” proposte dalla poesia di Jules Romains che Severini aveva trasferito in pittura nelle sue prime opere.
Il caffè, così come il boulevard, il tabarin, l’autobus o il metro, temi tutti al centro dei quadri futuristi di Severini , sono visti dal poeta simbolista francese come luoghi privilegiati degli “unanimi”, nei quali l’Io individuale giunge a percepire la sua essenza in intima comunione con la dimensione della vita collettiva.
Una delle figure maggiormente significative del '900, Fortunato Depero, ha saputo proporre una visione innovativa dell’arte attraverso dipinti, arazzi, tarsie, panciotti futuristi, mobili, sculture, bozzetti, progetti, libri.
Fortunato Depero nasce a Fondo in provincia di Trento nel 1892. Molto
presto si trasferisce con la famiglia a Rovereto dove frequenta un
istituto a indirizzo tecnico e artistico. Nel 1919 l’artista rientra con la moglie a Rovereto dove inaugura la
“Casa d’Arte Futurista Depero”, un sorta di laboratorio di produzione di
tarsie in panno, collages e oggetti d’arte applicata. (Andremo!). La multiforme creatività di Depero, chiamato “il Mago di Rovereto” incarna alla perfezione un’epoca ricca di contraddizioni ma anche di nuove possibilità espressive.Qui "Movimento d'uccello":
Al piano superiore ci sono le opere della contemporaneità, che mettono in discussione il concetto stesso di quadro per uscire dalla tela ed occupare lo spazio. Uso di materiali poveri, rivoluzione spaziale, delle forme, dei significati. Il nonsenso come senso, il povero come opera d'arte, la quotidianità... come in questa installazione di Michelangelo Pistoletto "Orchestra di stracci" - Quartetto. Pistoletto è considerato
uno dei protagonisti dell'Arte Povera. Qui 4 stazioni di stracci sono coperte da un vetro sotto il quale sono posizionati tre bollitori che vengono accesi ogni domenica... essi creano suoni e vapore che completano l'opera. Gli stracci sono un elemento che attraversa tutta la produzione di
Michelangelo Pistoletto diventando emblema di una condizione
esistenziale ed artistica.
Qui, invece, è lo specchio come superficie riflettente scelta come base dell'opera a mettere in crisi il concetto di staticità e immutabilità dell'opera: lo specchio fa sì che ogni momento cambi l'opera d'arte stessa, comprendendo in essa chi vi si riflette, le diverse luci, ecc.
Qui sono le cinghie del camion a ergersi ad opera d'arte. Salvatore Scarpitta "Basement":
Jannis Kounellis (Vedi: Video) qui utilizza ferro, piombo e legno:
Lucio Fontana è forse il primo a mettere in discussione l'idea dello spazio e della tela con i suoi buchi e soprattutto i suoi celeberrimi Tagli, di cui qui abbiamo un esempio: I tagli di Lucio Fontana sono soltanto in apparenza semplici: in realtà ogni taglio richiedeva una particolare preparazione tecnica. “Io con il taglio ho inventato una formula che non credo di poter perfezionare”, avrebbe detto. “Sono riuscito con questa formula a dare a chi guarda il quadro un’impressione di calma spaziale, di rigore cosmico, di serenità nell’infinito”
La realizzazione di un taglio sulla tela comportava, intanto, una sfida tecnica:
era cioè necessario comprendere come incidere la tela senza diminuirne
la tensione, in modo che la porzione tagliata non si aprisse
eccessivamente rovinando l’opera in maniera irrimediabile a causa delle deformazioni
che avrebbe subito (non è semplice mantenere piatta e perfettamente
tesa una tela tagliata, inoltre i bordi dei tagli tendono ad assorbire
l’umidità in maniera diversa e disomogenea rispetto al resto della
tela). E ancora, i tagli si deformano con il tempo, dato che nei diversi
punti la tela è sottoposta a tensioni diverse, e gli stessi squarci
reagiscono in maniera diversa a seconda dei materiali e delle modalità
con cui è stato preparato il supporto (per esempio, sappiamo che Fontana
abbandonò già nel 1959 le sperimentazioni con l’inchiostro, perché una
preparazione a inchiostro risultava più delicata e il taglierino, appena
appoggiato sulla superficie, lasciava delle piccole incisioni ancor
prima che cominciasse l’azione del taglio). Inoltre, un taglio eseguito
in maniera non decisa avrebbe potuto creare dei bordi sfilacciati, e
ulteriori problemi avrebbero potuto manifestarsi all’inizio o alla fine
del taglio, anche a seconda della modalità e della fermezza con la quale
la lama avrebbe cominciato o finito di incidere la superficie. Senza
contare che tutti i problemi sin qui descritti variano anche in funzione
del tipo di tela scelto (è ovvio che un tessuto a grana grossa si
squarcia in maniera totalmente diversa rispetto a un tessuto a grana
fine).
Arnaldo Pomodoro e le sue inconfondibili sculture. https://www.arnaldopomodoro.it/
Nei primi anni Sessanta affronta la tridimensionalità e sviluppa la ricerca sulle forme della geometria solida: sfere, dischi, piramidi, coni, colonne, cubi -in lucido bronzo- sono squarciati, corrosi, scavati nel loro intimo, con l’intento di romperne la perfezione e scoprire il mistero che vi è racchiuso.Questa è dedicata alla memoria di Kennedy:
La plastica, oggi così attuale, qui diventa opera d'arte con la combustione: Alberto Burri. Dal 1960 circa iniziò a sperimentare utilizzando la plastica. Il materiale, allora relativamente nuovo, veniva modificato da Burri nella sua forma fisica con l’utilizzo di una fiamma ossidrica. I teli di plastica utilizzati al posto di tele venivano scaldati e modificati dal calore della fiamma per creare superfici materiche da apprezzare nella loro qualità di materia modificata.
Cubi di alluminio diventano opere d'arte e coinvolgono anche l'ambiente circostante: Robert Morris.
Giovanni Anselmo, "Entrare nell'opera", 1971:
Altro esempio di Arte Povera, questo Igloo "Chiaro Oscuro" di Mario Merz: Gli igloo furono per Mario Merz Mario, figura chiave dell’Arte Povera
che rappresentò i processi di trasformazione della natura e della vita
umana, un’immagine attorno a cui indagare costantemente. Visivamente
riconducibili alle primordiali abitazioni – che potevano essere
realizzate, non solo di ghiaccio, come al grande Nord – ma più
diffusamente con lunghi rami dotati di foglie, prima poggiati a croce,
utilizzando la natura curvatura, poi completati in ogni angolo superiore
da altri rami che consentivano di ottenere, rapidamente una copertura –
diventano per l’artista l’archetipo dei luoghi abitati e del mondo e la
metafora delle diverse relazioni tra interno ed esterno, tra spazio
fisico e spazio concettuale, tra individualità e collettività. Queste
opere sono caratterizzate da una struttura metallica rivestita da una
grande varietà di materiali di uso comune, come argilla, vetro, pietre,
juta e acciaio – spesso appoggiati o incastrati tra loro in modo
instabile – e dall’uso di elementi e scritte al neon.
Carlo Alfano, Frammenti di un autoritratto anonimo, 1970: sono una serie di numeri dal 209 al 423: una apertura di un frammento di tempo che coincide con l'apertura di uno spazio narrativo. in cui viene descritta l'esperienza del tempo.
Un totale pazzo ci è parso Bruce Neuman che per un'ora ripete davanti alla telecamera le parole Lip Sync: Vedi Video o sbatte contro all'angolo di una stanza con tutto il corpo, o assume una serie di posizioni diverse vicino ad un muro in una sequenza... sempre davanti ad una telecamera fissa.
Inquietante l'opera di questo artista Chen Zhen, Black Broom, una enorme scopa in realtà fatta di siringhe, a testimoniare una vita in cui è stato sempre malato e necessitava iniezioni continue... dietro " Volkswagen Transporter T2"
Adrian Paci, Home to go: Adrian Paci ha vissuto l’esperienza della migrazione in prima
persona. Nato a Scutari, in Albania, nel 1969, negli anni Novanta
lascia la sua terra per stabilirsi in Italia, dove attualmente lavora. Paci porta sulle sue spalle
il tetto di una casa che non rappresenta più un porto sicuro in cui
rifugiarsi. L’artista nello sforzo di sollevare il tetto comunica al
mondo tutto il peso di una condizione umana.
Yinka Shonibare, Water, 2010:
L'opera di Yinka Shonibare MBE, artista anglo-nigeriano classe 1962, esplora le questioni di razza e di classe
attraverso i media di pittura, scultura, fotografia e cinema. Shonibare
mette in discussione la validità delle identità culturali e nazionali
contemporanee.
Il suo marchio di fabbrica sono i colorati tessuti africani batik.
Questo tipo di materiale dalle vibranti fantasie (inspirato al design
indonesiano), prodotto in serie dagli olandesi, venduto poi alle colonie
in Africa occidentale, è diventato nel 1960 un nuovo simbolo dell’identità e dell’indipendenza africana.
Galileo in Lego non poteva che attirare Giacomo: Ai Weiwei del 2018:
Jeppe Hein, Olympia: https://www.jeppehein.net/
Sara Enrico The Jumpsuit theme:cemento colato in tessuti.