Il nostro sabato ad Arezzo è cominciato dal Parcheggio Pietri, ottimo perchè libero (se si arriva per tempo) e attaccato alle mura della città. Appena oltrepassata la porta, senza fare le scale mobili, ma salendo a piedi, si arriva in Piazza San Domenico dove sorge la CHIESA DI SAN DOMENICO che custodisce Il CROCIFISSO DI CIMABUE (1268/71) considerato uno dei capolavori della pittura del Duecento:
In questa opera Cimabue si orientò verso le recenti rappresentazioni della Crocifissione con il Christus patiens dipinte verso il 1250 da Giunta Pisano,
ma aggiornò l'iconografia arcuando ancora maggiormente il corpo del
Cristo, che ormai debordava occupando tutta la fascia alla sinistra
della croce. Inoltre esasperò il pittoricismo basato sull'uso di
sottilissimi filamenti distesi con la punta del pennello per la resa
degli incarnati, realizzando un vigore muscolare e una volumetria mai
visti prima. Sempre ai modelli di Giunta rimandano le due figure nei
tabelloni ai lati dei braccio della croce (Maria e San Giovanni
raffigurati a mezzo busto in posizione di compianto) e lo stile
asciutto, quasi "calligrafico" della resa anatomica del corpo del
Cristo.
La somiglianza con il modello giuntesco si spiega anche con
un'esplicita richiesta dei domenicani aretini, essendo uno dei
crocifissi di Giunta conservato nella chiesa principale dell'ordine, la basilica di San Domenico a Bologna.
Un'altra novità rispetto al modello fu l'uso delle striature d'oro (agemina) nel panneggio che copre il corpo di Cristo o nelle vesti dei due dolenti, un motivo derivato dalle icone bizantine.
Le linee di contorno sottolineano la tensione muscolare e le linee del viso che sono esasperate dalla smorfia di dolore. Sullo schema bizantineggiante Cimabue introduce un accenno al volume con chiaroscuro più deciso e disegna le linee dei panneggi del perizoma in modo da accompagnare le forme del corpo. Alle estremità della croce, i "dolenti" MAdonna e San Giovanni piegano la testa e l'appoggiano alla mano guardando lo spettatore che viene coinvolto nel dramma. Il genio di Cimabue ha saputo comporre con linee e colori una "muta predicatio", una predica senza parole. E non a caso il crocefisso è nella chiesa aretina dei predicatori. E' l'opera meglio conservata di Cimabue.
In una nIcchia: SAN PIETRO MARTIRE da Verona. 1515/20 opera di Giovanni Della Robbia in ceramica. il santo predicava contro gli eretici e fu colpito a morte. Egli, cadendo scrisse col sangue perterra "CREDO".
Nella cappella di destra: ANNUNCIAZIONE di Spinello Aretino.
Proseguiamo il nostro cammino salendo verso la Cattedrale, passando a fianco di Casa Vasari, altro eminente personaggio di Arezzo. Sulla piazza si affacciano Duomo e Municipio:
CATTEDRALE DEI SS. DONATO E PIETRO:
Con l'imponenza della sua architettura gotica, esaltata dalla luce delle magnifiche vetrate cinquecentesche e dalle pitture delle volte, l'interno del Duomo suscita emozione al visitatore come l'eleganza del Santuario della Madonna del Conforto, esempio unico di architettura, pittura e scultura neoclassica. Il prospetto è a salienti e segue la suddivisione interna in tre navate. In basso, si aprono i tre portali, ognuno dei quali è strombato e decorato da una lunetta scolpita a bassorilievo; solo il portale centrale presenta anche una ghimberga sormontata da tre statue, ciascuna con proprio baldacchino: in alto Gesù redentore e in basso San Donato (a sinistra) e il beato Gregorio (a destra). In corrispondenza della navata centrale si apre anche un rosone circolare. Il coronamento della facciata è caratterizzato da una decorazione ad archetti pensili.
Ubicata sulla sommità del colle dove sorge la città, è posta sul sito di una chiesa paleocristiana e, probabilmente, nel luogo dove anticamente sorgeva l'acropoli.
La facciata è rifatta nel 1900 mentre la parte laterale è originale e si vede proprio la linea di demarcazione tra vecchio e recente.
La navata centrale termina con una grande abside, costruita nel XIII sec. Essa è illuminata da tre alte bifore chiuse da vetrate, ricostruite dopo che quelle originarie andarono perdute durante la II Guerra Mondiale a causa dello spostamento d'aria provocato da una bomba.
Sulla controfacciata, vetrata rotonda di Guillaume de Marcillat del 1518, (sue anche le altre vetrate) e raffigura la Pentecoste. Con un diametro di 3,5 metri, venne commissionato dall'Opera del Duomo, il cui nome è presente nella parte inferiore della vetrata. Nella raffigurazione, si vedono gli Apostoli seduti in cerchio con al centro la Madonna affiancata da due angeli; in alto, vi è la Colomba.
ARCA DI SAN DONATO:
Il duomo di Arezzo è ancora intitolato a San Donato e conserva
sull'altare principale una pregevole arca marmorea trecentesca a lui
dedicata dove è conservato il corpo del santo (la testa si conserva nel
busto reliquario presso la Chiesa di Santa Maria della Pieve:
L'urna di marmo è sorretta da dodici pilastrini terminanti in guglie e
pinnacoli gotici, alla cui realizzazione parteciparono artisti senesi,
fiorentini e aretini nel corso del XIV secolo.
L'interno dell'Arca con il corpo del Santo:
Ecco il grandioso cenotafio di Guido Tarlati, vescovo e signore di Arezzo morto nel 1327.
Già collocato, fino alla seconda metà del XVIII secolo, nella cappella
del Santissimo Sacramento, è composto da un'edicola con una arco a tutto
sesto, timpano e pinnacoli gotici, sotto la quale si trovano una serie
di sedici bassorilievi narrativi con episodi della sua vita accompagnati
da scritte esplicative.
A fianco del monumento si trova la Maddalena di Piero della Francesca di celebre opera realizzata tra il 1460/66,
dove un uso sperimentale della luce dà un'innovativa vitalità e forza
plastica alla figura, dipinta come se si stesse affacciando da un arco.
Nella Cappella del Battistero, la decorazione raffigurante il Battesimo è attribuita a Donatello.
Cappella della Madonna del Conforto:
Madonna del Conforto:
Nell'ambulacro di sinistra, sulla parete laterale, vi è una terracotta invetriata di Andrea della Robbia e bottega raffigurante Maria in trono col Bambino fra i Santi Donato, Maddalena, Apollonia e Bernardino da Siena e Dio Padre, risalente al 1493 ca. la sua predella è formata da tre bassorilievi anch'essi in terracotta, raffiguranti, da sinistra: la Comunione di Santa Maria Maddalena, la Natività di Gesù, il Martirio di Santa Apollonia.
Usciti dal Duomo scendiamo lungo Via Cesalpino e incontriamo ciò che più ci è caro: la casa in cui visse Guido d'Arezzo, inventore dei nomi delle note musicali:
E poi la casa di Pietro Aretino:
Percorrendo le vie dell'Arezzo antica,
Arriviamo alla CHIESA DI SAN FRANCESCO, che custodisce uno dei tesori assoluti della Storia dell'Arte Italiana: Le Storie della Vera Croce di Piero della Francesca: per visitare questa meraviglia occorre munirsi di Biglietto: 8,00 euro intero; 4,00 euro ridotto studenti; 2,00 euro bambini.
Gli affreschi sono posti su tre livelli sulle pareti laterali e sul
fondo, senza alcuna intelaiatura architettonica. Le storie della Vera
Croce sono narrate dagli avvenimenti della Genesi fino all'anno 628, quando il santo Crocifisso, dopo essere stato rubato, venne riportato a Gerusalemme. Le fonti delle Storie sono la Bibbia e la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, raccolta di agiografie estremamente popolare nel Medioevo e nel Rinascimento, scritta dal vescovo ligure tra il 1224 e 1250.
Egli non si curò dell'andamento cronologico, privilegiando un
criterio meramente estetico-formale, che creasse effetti di simmetria,
senza per questo impedire rispondenze filosofico-teologiche tra scene
che si fronteggiano. In alto ad esempio, sia nella parete sinistra che
in quella di destra è rappresentata una scena all'aperto, mentre nel
registro mediano si trovano due scene di corte su sfondo architettonico,
e, in basso, due battaglie.
Nella Chiesa, c'è un crocifisso che ricorda quello che abbiamo visto poco prima di Cimabue. E' infatti opera di un suo allievo:
Abbiamo poi passeggiato senza meta per raggiungere Piazza Grande, dove la visione dell'insieme è stata rovinata da un mercatino in fase di smantellamento.
Gran finale in Osteria: