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lunedì 23 settembre 2019

PARMA: CAROSELLO alla Magnani Rocca


Una mostra che per noi ha un significato particolare: il papà di giacomo e Antonio è un grande conoscitore ed amante dei Carosello, avendoli vissuti in prima persona negli anni Sessanta e Settanta. Abbiamo una serie infinita di DVD che raccolgono i migliori episodi e conosciamo tutti i più famosi personaggi: 7.261 episodi in totale, da Calimero a Susanna Tuttapanna, da Caballero a Carmencita ad Angelino a Linea all'omino coi Baffi. Artisti di chiara fama hanno firmato le regie, i disegni e i manifesti pubblicitari e questa mostra ripercorre le più importanti tappe di questa forma d'arte minore ma non per questo meno interessante. 


"Benarrivati alla grande mostra «Carosello. Pubblicità e Televisione 1957-77» (fino all'8 dicembre) allestita a Villa dei Capolavori, la sede della Fondazione Magnani-Rocca a Mamiano di Traversetolo, 15 minuti in macchina dal centro di Parma, nel cuore della rivoluzione luccicante (paradossalmente in bianco e nero) che, con un ottimismo mai più ritrovato e una creatività diffusa irripetibile, trasformò l'Italia in un Paese urbano, industriale e moderno. Che fantasticava come se fosse ricco e spendeva come se fosse benestante. Si chiama miracolo economico." (Luigi Mascheroni)

PREZZO: 12 euro adulti; 6 euro bambini e studenti.


Noi nati negli anni Settanta ci ricordiamo poco, CArosello è finito proprio un anno dopo la mia data di nascita, ma ugualmente riconosciamo l'atmosfera della nostra fanciullezza. Ancora non esisteva la pubblicità sempre e solo allusiva ad atti sessuali più o meno espliciti o che utilizzava il corpo femminile anche per vendere un pulitore per vetri. Oggi in confronto è tutto talmente banalizzato che non appena c'è una pubblicità un po' più originale salta all'occhio. Eppure, si continua sulla via dei corpi, della sessualità, degli ammiccamenti, noiosi, sempre uguali che portano a girare canale.


"«È stata un'impresa, ma anche molto divertente - confessa Stefano Roffi, il curatore della mostra insieme con Dario Cimorelli -. Abbiamo chiesto prestiti agli archivi delle grandi aziende, agli studi di grafica e di pubblicità, ai musei pubblici e privati: un lavoro lunghissimo, ma alla fine questa è la prima vera mostra su Carosello). Ed ecco manifesti, cartelloni, bozzetti, schizzi, rodovetri, storyboard, quattro ore complessive di filmanti Rai con decine di réclame (ogni inserto di Carosello durava 2 minuti e 15 secondi, un'eternità oggi) che passano su enormi televisori (finti) stile anni '50, e veri apparecchi come l'Orion 23'' disegnato da Franco Albini per Brionvega nel 1961. E poi, soprattutto, i gadget: pupazzi, cartonati, i gonfiabili di Susanna Tuttapanna, Camillo il coccodrillo, la Mucca Carolina («Sono pezzi rarissimi. Vede quello, l'Uomo che dorme della Permaflex in plastica gonfiabile? Vale seimila euro oggi, a trovarlo...»), personaggi che davano identità al marchio e - con le loro storie - dipendenza ai telespettatori." (Luigi Mascheroni)


"Si scoprirà così l’universo dei personaggi animati che sono nati con la televisione, come La Linea di Osvaldo Cavandoli, Re Artù di Marco Biassoni, Calimero di Pagoto, Angelino di Paul Campani, fino alla moltitudine di personaggi nati dalla matita di Gino Gavioli...cui si aggiungono gli inserti pubblicitari in cui sono protagonisti i più importanti cantanti dell’epoca da Mina (Barilla) a Frank Sinatra, da Patty Pravo a Ornella Vanoni e Gianni Morandi o grandi attori come Totò, Alberto Sordi, Virna Lisi, Vittorio Gassman e grandi registi come Luciano Emmer, Mauro Bolognini, Ettore Scola, i fratelli Taviani ,oltre a personaggi tv popolarissimi come Mike Bongiorno, Pippo Baudo, Raffella Carrà, Sandra Mondaini e Raimondo Vianello." (dal sito della mostra: https://www.magnanirocca.it/carosello-pubblicita-e-televisione/)


Produzione Pagot, Calimero, pubblicità per Ava Mira Lanza, 1965.
Vedi: https://www.youtube.com/watch?v=A6iPaRVlS0M



«Se si comincia a dire che l’umanità è votata all’idiozia per via della televisione, della pubblicità, degli elettrodomestici, si finirà per concludere che l’umanità intera era più vicina alla saggezza e alla grazia quando, al posto della televisione c’era il parroco del villaggio, al posto della pubblicità la superstizione, al posto degli elettrodomestici il vaso da notte». Sono parole che scrive Italo Calvino (in «Europa Letteraria», 1962) e che Dario Cimorelli, curatore, insieme a Stefano Roffi, della mostra «Carosello. Pubblicità e Televisione 1957-1977» – allestita alla Villa dei Capolavori, sede della Fondazione Magnani Rocca a Mamiano di Traversetolo vicino a Parma fino al l’8 dicembre –, pone in esergo al suo saggio nel denso catalogo. (dal Sole 24 ore, Stefano Salis)

Armando Testa, Cafè Paulista non c’è bocca che resista, (1960-65).


"Sono parole decisive: non solo per quello che dicono, ma per un approccio corretto a questa esposizione che è molto più profonda e solida (e, in un certo senso, definitiva, sul tema) di quello che possa sembrare a prima vista. Dunque: a prima vista è una celebrazione dell’età d’oro (certamente un’età primigenia) della pubblicità in tv e di quel fenomeno – tutto italiano, e questo va sottolineato – che fu «Carosello». Proviamo a elencare solo sommariamente ciò che significa: «Tutti a letto dopo Carosello», Carmencita chiudi il gas e vieni via!, E che c’ho scritto? Giocondor!, Ma non è giusto, però!, Pitupitumpaa, Pippo l’ippopotamo, Camillo il Coccodrillo, la Mucca Carolina, SusannatuttaPanna, la linea di Cavandoli, e poi Pappagone, Calindri che beve il Cynar nel traffico, Nando Gazzolo, “anche io ho commesso un errore”, “le stelle sono tante, milioni di milioni”, Mina in molte apparizioni, e praticamente tutto il cinema italiano, la tarantella napoletana a far da sigla... Basta, non c’è bisogno di andare oltre, e in mostra ci sono tutti (e, poi, ciascuno si faccia la propria ricognizione mnemonica, emozionale, artistica di ciò che è stato per lui Carosello): stiamo parlando della principale fonte di immaginario collettivo – e di linguaggio popolare, come è evidente – su base nazionale, che ha avuto l’Italia del boom." (dal Sole 24 ore, Stefano Salis)



In effetti rimaniamo strabiliati di come anche la pubblicità fosse forma d'arte, a tutti gli effetti, basta guardare questo Bruno Munari che nulla ha da invidiare ad un Andy Warhol:
"Il manifesto che Bruno Munari progetta per Campari è strettamente collegato all’apertura della linea M1 di Milano, inaugurata nel novembre 1964: è un manifesto infatti che tiene conto di una visione mobile, ed allo stesso tempo parcellizzata, perché, come afferma lo stesso artista, non perde “la sua efficacia di informazione anche se è intravisto parzialmente, anche se gruppi di persone lo coprono parzialmente, anche se visto di corsa dalla vettura del metrò”. Ma l’idea forte su cui si fonda il progetto è soprattutto quello di un montaggio potenzialmente estensibile all’infinito in un’iterazione seriale che prenda a modello il sistema della carta da parati, senza stacchi quindi, in un flusso continuo di immagini, che si concili con il sistema delle affissioni. Sulla campitura rossa del fondo ecco stagliarsi, scomporsi e ricomporsi le icone grafiche della scritta Campari: Munari segnala proprio l’elemento di continuità del marchio, ripercorrendo attraverso il confronto del lettering la lunga e prestigiosa storia pubblicitaria della azienda (come non pensare ai manifesti di Hohenstein e Dudovich, Cappiello, Depero, Nizzoli, solo per citare qualche nome?). Allo stesso tempo, nel  progetto grafico di Munari convergono gli esiti della sua ricerca artistica (dalla riflessione sui processi visivi alla contemporanea sperimentazione delle prime xerografie), ma in qualche modo proiettati in un nuovo contesto urbano. Il manifesto per Campari diventa soprattutto allora un caleidoscopico e curioso sguardo sulla città contemporanea." (Simona Riva)


I manifesti sono opere d'arte indiscutibili: per l'uso dei colori, per l'invenzione del messaggio, per lo slogan, per la grafica, per l'idea. Ecco l'idea, ciò che manca totalmente al giorno d'oggi. tutti i critici hanno sottolineato che non si tratta di una mostra nostalgica, ma per me lo è stata. Sentivo i rumori e i profumi di un'Italia che non c'è più, quella in cui sono cresciuta da piccola assaporando la serenità di un momento storico magico e di una diffusione capillare della cultura, che oggi non c'è più. Forse occorre ripartire da qui, Andare a rispolverare antichi valori: libertà non significa mettere in mostra i corpi, ma creare idee e farle circolare. Usare i colori, la recitazione, la poesia, la musica, i disegni.


Vedi: https://www.youtube.com/watch?v=zyKofdjjLaM


Facciamo vedere i caroselli ai nostri figli e spieghiamo loro che si può creare qualcosa di bello anche facendo pubblicità.






Video Lines: https://youtu.be/lEFh8LMekDU



domenica 15 settembre 2019

PARMA: la collezione Tanzi





Per soli 15 giorni, presso l'APE PARMA Museo in Via Farini (https://www.apeparmamuseo.it/), è stato possibile ammirare parte delle opere confiscate all'imprenditore Calisto Tanzi: "“UNA RACCOLTA D’ARTE RITROVATA in anteprima a Parma”: oltre 130 pezzi provenienti da una collezione privata di grande fascino, riuniti ed esposti al pubblico per la prima volta insieme.

Corcos, Mirò, Degas, Pisarro, Balla, Gauguin, Picabia, Kandinsky, Magritte, Renoir, Van Gogh, Toulouse-Lautrec, Matisse, Monet, Modigliani, Chagall, Boccioni, Cézanne, Manet e Picasso sono solo alcuni degli artisti di primo piano che si possono “incontrare” negli eleganti spazi espositivi di APE Parma Museo. Accanto a loro, anche sorprendenti opere di autori meno noti. Non manca poi una rappresentanza di qualità di artisti locali, quali Amedeo Bocchi, Carlo Mattioli, Goliardo Padova, Renato Vernizzi e altri.


Le portarono via all’alba dopo una lunga caccia al tesoro. Per dieci anni sono state custodite in un deposito giudiziario di Parma: opere d’arte, ma anche bottino di uno dei più grandi scandali per bancarotta fraudolenta e aggiotaggio della storia europea, il crac Parmalat.

I capolavori che Calisto Tanzi ha acquistato negli anni dei bilanci alterati, sottraendo denaro a migliaia di risparmiatori, andranno all’asta.



C’è anche una delle celebri scogliere dipinte tra il 1882 e il 1897 da Claude Monet. Un’opera di grande importanza - La Falaise du Petit Ailly à Varegenville - già esposta alla Galleria nazionale di Parma, che raffigura il tratto della costa nord della Francia sul canale della Manica che va da Digione a Pourville fino a Varengeville, caratterizzato da una lunga spiaggia circondata da alte scogliere. Base d'asta 800.000 euro. 

Accanto a opere di autori locali, come questo olio su cartone di Amedeo Bocchi "Parma", del 1910, acquistabile con base d'asta a 800 euro:

abbiamo potuto ammirare pezzi davvero incredibili, come questo Donna con cane di Vittorio Matteo Corcos recante firma apocrifa di De Nittis: base 80.000.


Per proseguire con Paul Gauguin Jachinthes et pommes sur un journal, 1878, olio su tela, base 150.000:


Pierre Auguste Renoir, Paysage du midi, 1905 ca., base 40.000:


Henri Matisse, Port de Collioure, 1905, base 30.000 e, sotto, Le Christ en Croix, Etude pour la douzieme station de la chemin de croix:


E questo meraviglioso Renèe Magritte, La tapissiere de Pènèlope, 1943 ?, 80.000:


Paul Signac, Samois, Etude n. 11, 1899, 100.000 euro!:


Una "insolita" Natura morta di Vincent Van Gogh del 1885, 250.000:


Il nostro amato Umberto Boccioni con Donna che legge del 1909, gessetti colorati su carta preparata a tempera grigia, 25.000 e, sotto, Il Falciatore o Allegoria della vita, base 150.000:





Un inaspettato (almeno da me) Marc Chagall, Musicien Voyageur, del 1971, 30.000 (pensavo fosse quotato di più!):


Un Giacomo Balla un po' fuori da quello che colleghiamo a Balla, ma molto molto bello, Ritratto di Laura Marcucci o Laura più vele futuriste del 1920, 30.000 e, sotto, Futurlibecciata del 1919 e sotto ancora Finestra di Düsseldorf, 60.000:


Per arrivare ad un Joan Mirò, Femme, Oseaux 1975, pastelli colorati e inchiostro su carta giapponese: 30.000:



 Un altro Van Gogh che non ti aspetti, questo Pollard Willow in gessetto nero, acquerello e biacca su carta che vale ben 120.000:



E Tanzi non si era fatto mancare nemmeno un Pablo Picasso, Nature morte del 1944 che parte da 700.000:



Giovanni Segantini, Savognino d'inverno:


Eduard Manet e questo Etude d'arbres, 1859 con base a 150.000:



Claude Pissarro, Paysannes Assises, 1880, pastelli su carta:


Vassily Kandinsky, Sestri-Abends, 1905, base 150.000:



Péaul Cezanne, Le Hetre, base 80.000:


De Nittis, Uomo con Cappello e pipa:


Gino Severini, Vallata Toscana.


E, infine, il nostro Antonio Ligabue, di cui abbiamo visitato il paese e la mostra a Gualtieri: Ligabue


Che esperienza! Solo 15 giorni! Ormai è finita... se siete stati pigri: peggio per voi! Quando ci sono queste occasioni in città non bisogna lasciarsele scappare!



venerdì 13 settembre 2019

ROVERETO: il MART


Il concerto di Antonio a Cavalese è stata l'occasione per visitare una delle Gallerie d'arte moderna più interessanti al mondo, il MART di Rovereto: http://www.mart.trento.it/
Colpisce subito la struttura architettonica di Mario Botta, architetto svizzero celebre in tutto il mondo. Una cupola di vetro che crea un ideale collegamento continuo con l'esterno. Acquistiamo i biglietti nella spettacolare entrata e prendiamo le audioguide che sono d'obbligo per godersi al meglio la visita, soprattutto per i bambini. 


INGRESSO: 11 EURO ADULTI; GRATIS BAMBINI
AUDIOGUIDE (KID con caccia al tesoro) e adulti: 3 euro. Consigliate! 

Si comincia con tre sale "rosse" che ci portano nell'arte immediatamente precedente a quella esposta nel museo: siamo nel tardo 1800 con artisti come Francesco Hayez e questo suo capolavoro:


Entriamo nel vivo con le sculture in cera di Medardo Rosso:


e con questo "Nudo di Spalle" di Umberto Boccioni: la donna rappresentata in "Nudo di spalle", con la schiena scoperta, è la madre dall’artista calabrese. La luce sembra frammentata in mille bagliori che sulle pelle della donna sono resi attraverso infiniti filamenti di colore puro, accostati l’uno all’altro in linea con la tecnica pittorica divisionista di Balla, Maestro dell'artista.


Giacomo viene guidato dalle sue cuffiette, che gli propongono una sorta di "caccia al tesoro" e tocca questa opera tattile, che altro non è che una riproduzione in 3D del successivo capolavoro: "Le figlie di Lot" di Carlo Carrà: un importante passaggio dalla Metafisica al Realismo Magico degli anni Venti del Novecento. Due giovani donne si confrontano di fronte alla facciata di una casa. La ragazza di sinistra è in piedi sulla soglia mentre l’altra a destra è inginocchiata. A terra è poggiato un bastone da viaggio appartenente alla giovane. Tra di loro un cane corre ad accogliere la ragazza. La scena si svolge su di un lastricato sul quale a destra si erge una base classica. Oltre il cortile si sviluppa poi un paesaggio scarno con due colline pietrose. Dietro ad una di esse si intravede una rotonda.


Le figlie di Loth di cita un episodio biblico (Genesi 13,10). Loth era nipote di Abramo e figlio di Haran. La famiglia di Loth stabilita a Sodoma fugge in seguito alla furia divina che distrugge la loro città. La moglie durante la fuga si voltò e fu trasformata in una statua di sale. Sopravvissero le figlie e il padre. Per far fronte alla necessità di riprodursi le figlie ubriacano il padre per potersi congiungere con lui. Da questi atti incestuosi nacquero i figli Moab e Ammon, capostipiti dei Moabiti e degli Ammoniti.

Altro dipinto di Carlo Carrà, questo carro che trasmette immobilismo. Un qualcosa di sospeso.


In questo "Autoritratto con la madre" possiamo ammirare Giorgio De Chirico, che avevamo già incontrato alla Magnani Rocca a Parma pochi mesi fa: DE CHIRICO Parma


Più metafisici questi altr suoi lavori,"La matinèe angoissante", "Mobili nella valle" che fa parte della serie di "Mobili nella valle" dell'artista. Un incontro casuale ha ispirato questa serie di otto dipinti, ognuno dei quali giustappone oggetti quotidiani e banali in un paesaggio arido, popolato da misteriose allusioni all'antichità. Questo concetto di presentare oggetti quotidiani fuori dal loro contesto abituale si rivelerà poi cruciale nello sviluppo del Surrealismo.



Giorgio era nato in Grecia a Volos nel 1888 da genitori italiani e nel 1899 la famiglia si era trasferita ad Atene dove il ragazzo studiava disegno e pittura in un clima culturale legato alla memoria degli splendori della classicità.


Capolavoro indiscusso questo "Beethoven" di Felice Casorati che si avvicina alle opere del Realismo Magico. Nel dipinto è raffigurata una bambina in piedi al centro dell’opera. La piccola indossa un abito bianco che lascia scoperte le spalle e le braccia. Sulle gambe porta lunghe calze bianche e ai piedi scarpette nere eleganti. I capelli sono pettinati in modo molto ordinato e divisi da una scriminatura. A sinistra, accanto a lei, su di uno sgabello in paglia è posto uno spartito sul quale è scritto il nome del musicista Beethoven. Sullo specchio, dipinto al centro, si riflette l’immagine della protagonista. A destra si scorge la figura di un piccolo cane bianco con macchie nere. Sul fondo, al di là dello specchio si intravede una chitarra appoggiata.
Il riflesso della bambina crea un rimando spaziale che rende il dipinto irreale. La scena domestica acquista, così, mistero e viene proiettata in una dimensione straniante. Questa sensazione è, inoltre, sottolineata dal punto di vista che determina una fuga molto alta del pavimento. Infine, la chitarra è separata, al centro, di netto dal bordo dello specchio.


Rimanda all'arte Etrusca questo "I costruttori" di M. Campigli:  "Non sono in buoni rapporti con la mia pittura. Non voglio dire quell’incontentabilità che è frequente tra gli artisti. Almeno fra quelli come si deve. Voglio dire che conosco dell’opera mia soprattutto i difetti. E ne soffro. Mi è difficile farmi ubbidire dalla mia pittura, non posso influenzarla che a poco a poco. E quando devo ammettere che un quadro riesce bene, resto con l’impressione che non sia merito mio. […] Quando cominciai a dipingere nel 1920 mi entusiasmai anch’io per la pittura estrema del momento. Il cubismo era allora nella sua fase costruttiva, nel periodo che chiamano “cristallo”. Chi scriveva d’arte ripeteva la fiera frase di Apollinaire: “Siamo i primitivi di una nuova sensibilità”. Mi credevo, ci credevamo tutti, sulla soglia di una nuova civiltà, d’una nuova era. Da giovani, quando non si ha un gran motivo di credere in se stessi, si ha la smania di militare per qualche cosa più grande di noi. Non manca mai l’impressione di doversi salvare da una “selva oscura” e di avere ormai toccato il fondo di ogni perversità. Nel cubismo vidi qualche cosa in cui credere, una terraferma. Il cubismo si vantava di rivelare e seguire regole d’arte eterne, indiscutibili, scientifiche, intellettuali e fisiche, si appellava agli egizi, ai classici, agli ordinamenti del Rinascimento. (Che rivelazione per me dopo lo sciocchezzaio futurista!).  Ecco qualche cosa più grande di me a cui donarmi. […]" (da Scrupoli, di Campigli)

Mentre torna la classicità in questo quadro di Alberto Savinio, fratello di De Chirico: “Nei libri e nei quadri di Alberto Savinio e, in misura inversa, in quelli di suo fratello Giorgio de Chirico si moltiplicano partenze e arrivi, abbandoni e ritorni, stazioni e porti, treni e navi (…) attributi tutti di una funzione più generale, l’archetipo espressivo del viaggio, all’interno della quale, in particolare nell’universo saviniano, un posto privilegiato spetta di diritto al mito degli Argonauti”
(Vanni Bramanti, in “L’Argonauta seduto”, p. 33. 
Il luogo rappresentato nell’opera qui proposta, ad esempio, è un chiaro rimando all’Introduzione dell’ “Hermaphrodito”, leggiamo infatti: “... Dirimpetto alla sponda imbiancata di case, corre una catena di colline basse infino al promontorio che segna la punta maggiore dominante l'aperto, dalla cui cima s'innalzano, con delle figure di pietre imploranti, i ruderi d'un castelletto veneto, simili a un fantasma solido sorgente dal cratere d'un vulcano.” Introduzione, p. XXII.


"La pittura murale è pittura sociale pe eccellenza", scrive Mario Sironi nel Manifesto della Pittura Murale del 1933, testo che esprime le sue idee di arte militante, socialmente e politicamente impegnata. Questo è "Condottiero a cavallo"


Nel dipinto di Carlo Carrà, "Ciò che mi ha detto il tram", l'artista pone al centro tipici temi dell'Avanguardia Futurista: la città, i mezzi di trasporto, la velocità, il movimento, la folla...



Mentre in "Ritmo plastico del 14 luglio" di Gino Severini, è, con cornice dipinta dall’artista, una delle più note ed esposte del periodo futurista del pittore che la considerava fra le sue più riuscite. Venne eseguita a Parigi nel 1913, poco prima delle nozze con Jeanne Fort, la giovanissima figlia del “Principe dei Poeti” Paul Fort, e del conseguente rientro in Italia.
Il “14 luglio” al quale il titolo rimanda non rinvia tanto alla data celebrativa quanto al nome di un celebre caffè parigino (del resto segnalato dalla grande scritta in basso a sinistra), anche se non è escluso un ammiccamento ai temi libertari e laici della rivoluzione francese in un artista che, nel suo periodo prefuturista, si era distinto per la sua adesione alle correnti del socialismo umanitario.
Il tema dell’opera dunque è la evocazione della vita dinamica e febbrile che anima un caffè parigino ricco di luci e colori, in pieno accordo con la celebrazione del dinamismo urbano proclamata dai manifesti futuristi e con la particolare attenzione alle tematiche “unanimiste” proposte dalla poesia di Jules Romains che Severini aveva trasferito in pittura nelle sue prime opere.
Il caffè, così come il boulevard, il tabarin, l’autobus o il metro, temi tutti al centro dei quadri futuristi di Severini , sono visti dal poeta simbolista francese come luoghi privilegiati degli “unanimi”, nei quali l’Io individuale giunge a percepire la sua essenza in intima comunione con la dimensione della vita collettiva.


Una delle figure maggiormente significative del '900, Fortunato Depero, ha saputo proporre una visione innovativa dell’arte attraverso dipinti, arazzi, tarsie, panciotti futuristi, mobili, sculture, bozzetti, progetti, libri.


Fortunato Depero nasce a Fondo in provincia di Trento nel 1892. Molto presto si trasferisce con la famiglia a Rovereto dove frequenta un istituto a indirizzo tecnico e artistico. Nel 1919 l’artista rientra con la moglie a Rovereto dove inaugura la “Casa d’Arte Futurista Depero”, un sorta di laboratorio di produzione di tarsie in panno, collages e oggetti d’arte applicata. (Andremo!). La multiforme creatività di Depero, chiamato “il Mago di Rovereto” incarna alla perfezione un’epoca ricca di contraddizioni ma anche di nuove possibilità espressive.Qui "Movimento d'uccello":


Al piano superiore ci sono le opere della contemporaneità, che mettono in discussione il concetto stesso di quadro per uscire dalla tela ed occupare lo spazio. Uso di materiali poveri, rivoluzione spaziale, delle forme, dei significati. Il nonsenso come senso, il povero come opera d'arte, la quotidianità... come in questa installazione di Michelangelo Pistoletto "Orchestra di stracci" - Quartetto. Pistoletto è considerato uno dei protagonisti dell'Arte Povera. Qui 4 stazioni di stracci sono coperte da un vetro sotto il quale sono posizionati tre bollitori che vengono accesi ogni domenica... essi creano suoni e vapore che completano l'opera. Gli stracci sono un elemento che attraversa tutta la produzione di Michelangelo Pistoletto diventando emblema di una condizione esistenziale ed artistica.


Qui, invece, è lo specchio come superficie riflettente scelta come base dell'opera a mettere in crisi il concetto di staticità e immutabilità dell'opera: lo specchio fa sì che ogni momento cambi l'opera d'arte stessa, comprendendo in essa chi vi si riflette, le diverse luci, ecc.


 Qui sono le cinghie del camion a ergersi ad opera d'arte. Salvatore Scarpitta "Basement":


Jannis Kounellis (Vedi: Video) qui utilizza ferro, piombo e legno:


Lucio Fontana è forse il primo a mettere in discussione l'idea dello spazio e della tela con i suoi buchi e soprattutto i suoi celeberrimi Tagli, di cui qui abbiamo un esempio:  I tagli di Lucio Fontana sono soltanto in apparenza semplici: in realtà ogni taglio richiedeva una particolare preparazione tecnica. “Io con il taglio ho inventato una formula che non credo di poter perfezionare”, avrebbe detto. “Sono riuscito con questa formula a dare a chi guarda il quadro un’impressione di calma spaziale, di rigore cosmico, di serenità nell’infinito”


La realizzazione di un taglio sulla tela comportava, intanto, una sfida tecnica: era cioè necessario comprendere come incidere la tela senza diminuirne la tensione, in modo che la porzione tagliata non si aprisse eccessivamente rovinando l’opera in maniera irrimediabile a causa delle deformazioni che avrebbe subito (non è semplice mantenere piatta e perfettamente tesa una tela tagliata, inoltre i bordi dei tagli tendono ad assorbire l’umidità in maniera diversa e disomogenea rispetto al resto della tela). E ancora, i tagli si deformano con il tempo, dato che nei diversi punti la tela è sottoposta a tensioni diverse, e gli stessi squarci reagiscono in maniera diversa a seconda dei materiali e delle modalità con cui è stato preparato il supporto (per esempio, sappiamo che Fontana abbandonò già nel 1959 le sperimentazioni con l’inchiostro, perché una preparazione a inchiostro risultava più delicata e il taglierino, appena appoggiato sulla superficie, lasciava delle piccole incisioni ancor prima che cominciasse l’azione del taglio). Inoltre, un taglio eseguito in maniera non decisa avrebbe potuto creare dei bordi sfilacciati, e ulteriori problemi avrebbero potuto manifestarsi all’inizio o alla fine del taglio, anche a seconda della modalità e della fermezza con la quale la lama avrebbe cominciato o finito di incidere la superficie. Senza contare che tutti i problemi sin qui descritti variano anche in funzione del tipo di tela scelto (è ovvio che un tessuto a grana grossa si squarcia in maniera totalmente diversa rispetto a un tessuto a grana fine).

Arnaldo Pomodoro e le sue inconfondibili sculture. https://www.arnaldopomodoro.it/
Nei primi anni Sessanta affronta la tridimensionalità e sviluppa la ricerca sulle forme della geometria solida: sfere, dischi, piramidi, coni, colonne, cubi -in lucido bronzo- sono squarciati, corrosi, scavati nel loro intimo, con l’intento di romperne la perfezione e scoprire il mistero che vi è racchiuso.Questa è dedicata alla memoria di Kennedy:


La plastica, oggi così attuale, qui diventa opera d'arte con la combustione: Alberto Burri. Dal 1960 circa iniziò a sperimentare utilizzando la plastica. Il materiale, allora relativamente nuovo, veniva modificato da Burri nella sua forma fisica con l’utilizzo di una fiamma ossidrica. I teli di plastica utilizzati al posto di tele venivano scaldati e modificati dal calore della fiamma per creare superfici materiche da apprezzare nella loro qualità di materia modificata.


Cubi di alluminio diventano opere d'arte e coinvolgono anche l'ambiente circostante: Robert Morris.



Giovanni Anselmo, "Entrare nell'opera", 1971:


Altro esempio di Arte Povera, questo Igloo "Chiaro Oscuro" di Mario Merz: Gli igloo furono per Mario Merz Mario, figura chiave dell’Arte Povera che rappresentò i processi di trasformazione della natura e della vita umana, un’immagine attorno a cui indagare costantemente. Visivamente riconducibili alle primordiali abitazioni – che potevano essere realizzate, non solo di ghiaccio, come al grande Nord – ma più diffusamente con lunghi rami dotati di foglie, prima poggiati a croce, utilizzando la natura curvatura, poi completati in ogni angolo superiore da altri rami che consentivano di ottenere, rapidamente una copertura – diventano per l’artista l’archetipo dei luoghi abitati e del mondo e la metafora delle diverse relazioni tra interno ed esterno, tra spazio fisico e spazio concettuale, tra individualità e collettività. Queste opere sono caratterizzate da una struttura metallica rivestita da una grande varietà di materiali di uso comune, come argilla, vetro, pietre, juta e acciaio – spesso appoggiati o incastrati tra loro in modo instabile – e dall’uso di elementi e scritte al neon.


Carlo Alfano, Frammenti di un autoritratto anonimo, 1970: sono una serie di numeri dal 209 al 423: una apertura di un frammento di tempo che coincide con l'apertura di uno spazio narrativo. in cui viene descritta l'esperienza del tempo.
Questo modo di concepire il ritratto pittorico come un “ritratto interiore” consente all’osservatore di immedesimarsi nell’opera e di vivere a sua volta (leggendola sulla tela) la porzione di tempo vissuta dall’artista.


Un totale pazzo ci è parso Bruce Neuman che per un'ora ripete davanti alla telecamera le parole Lip Sync: Vedi Video o sbatte contro all'angolo di una stanza con tutto il corpo, o assume una serie di posizioni diverse vicino ad un muro in una sequenza... sempre davanti ad una telecamera fissa. 


Inquietante l'opera di questo artista Chen Zhen, Black Broom, una enorme scopa in realtà fatta di siringhe, a testimoniare una vita in cui è stato sempre malato e necessitava iniezioni continue... dietro " Volkswagen Transporter T2"



Adrian Paci, Home to go: Adrian Paci ha vissuto l’esperienza della migrazione in prima persona. Nato a Scutari, in Albania, nel 1969, negli anni Novanta lascia la sua terra per stabilirsi in Italia, dove attualmente lavora. Paci porta sulle sue spalle il tetto di una casa che non rappresenta più un porto sicuro in cui rifugiarsi. L’artista nello sforzo di sollevare il tetto comunica al mondo tutto il peso di una condizione umana.


Yinka Shonibare, Water, 2010: 
L'opera di Yinka Shonibare MBE, artista anglo-nigeriano classe 1962, esplora le questioni di razza e di classe attraverso i media di pittura, scultura, fotografia e cinema. Shonibare mette in discussione la validità delle identità culturali e nazionali contemporanee.
Il suo marchio di fabbrica sono i colorati tessuti africani batik. Questo tipo di materiale dalle vibranti fantasie (inspirato al design indonesiano), prodotto in serie dagli olandesi, venduto poi alle colonie in Africa occidentale, è diventato nel 1960 un nuovo simbolo dell’identità e dell’indipendenza africana.


 Galileo in Lego non poteva che attirare Giacomo: Ai Weiwei del 2018:


Jeppe Hein, Olympia: https://www.jeppehein.net/


Sara Enrico The Jumpsuit theme:cemento colato in tessuti.